Marek Hamsik, ex capitano del Napoli, ha rilasciato un lunga intervista ai microfoni di DAZN in cui ha raccontato tutti gli anni trascorsi in azzurro. Queste le dichiarazioni del centrocampista slovacco: “Vorrei far crescere i bambini, so che posso dargli qualcosa e trasmettere a loro ciò che sono riuscito a fare io. Mi chiameranno ‘mister’? Magari. Scudetto con il Trabzonspor? Aspettava 38 anni per vincerlo e i festeggiamenti sono stati incredibili, hanno organizzato sei feste e una di quelle è andata anche forte su Instagram con 80 navi che navigavano nel mare e festeggiavano. A fine partita sono stato mezz’ora a festeggiare coi tifosi e quando sono tornato negli spogliatoi i festeggiamenti dei compagni erano finiti ma con me sono ripresi. Se mi chiamasse il Napoli? Sarebbe difficile dire di no. Pronto a chiudere la carriera in azzurro? Perché no…Lasciare Napoli? C’erano squadre che mi volevano. Nel 2012 mi voleva Allegri al Milan, poi Mazzarri all’Inter, la Juve ma era impossibile. C’è stato qualche contatto con Pavel Nedved ma non ci ho mai pensato, non ho mai avuto esigenza di cambiare. Ero contento a Napoli e ho rinnovato il contratto cinque volte in dodici anni, un bel numero. La società mi dava quello che volevo, io ero contento e anche la mia famiglia. I tifosi mi volevano sempre più bene. Lo dico: se non arrivava la Cina avrei concluso la carriera al Napoli. Il mio record di presenze? I record sono fatti per essere battuti, ma questo non sarà facile batterlo. Prima di me l’aveva Bruscolotti ed è durato tanti anni. Non avrei mai immaginato di fare questa carriera al Napoli. Neanche conoscevo bene cosa significasse questa città, venivo dalla Slovacchia, ma già dal primo giorno mi sono accorto che il calcio si vive diversamente che da altre parti. Quando sono tornato allo stadio mi sono emozionato a leggere quello striscione. Entrare così nel cuore dei tifosi non è da tutti. Ho sempre detto che amo Napoli e l’amerò per sempre. Mi hanno dato tanto e io ho speso 12 anni volentieri lì. Non è semplice per noi muoversi in città, nascondendosi o portando cappellini, o andare in ristoranti dove trovi meno gente, non è facile e ognuno di noi ha i suoi vizi o comportamenti o reazioni. Anche io a volte non ce la facevo più e….mi arrabbiavo. Ci sta, anche i tifosi devono capire che non è semplice per noi, ma lo accettiamo, è il loro affetto, è amore. Maradona per noi napoletani è il numero uno, è il più grande calciatore al mondo. La dedica gliel’ho fatta quando ho battuto il suo record di gol. Quando arrivai con Lavezzi migliaia di tifosi contestavano, non noi ma la società. Alla fine il club aveva ragione. De Laurentiis? Ho avuto solo rapporti buoni, non parlo tanto ma con lui l’ho sempre fatto con serenità e senza problemi. E’ un rapporto che va avanti negli anni e si parla anche del dopo mia carriera. L’ho sentito a inizio anno, mi ha detto: quando finisci col calcio giocato fammi sapere e parliamo di futuro insieme. Non siamo ancora arrivati a questo punto ma se mi chiamasse sarebbe difficile dire di no. Nella mia città ho la mia accademia con più di 300 bambini di tutte le categorie, sto costruendo campi da calcio. Voglio occuparmi di questo e fare l’allenatore per far crescere altri Hamsik. La palla non corre ancora come con Sarri, ma questo è il mio futuro. Modelli di allenatore? Sarri, Guardiola, quelli che giocano a calcio. Sarri mi ha lasciato il segno. Mazzarri? Diede un’identità di gruppo forte, venne fuori anche il famoso tridente. Vincemmo la Coppa Italia dopo 20 anni, non dimenticheremo mai quella festa. La città esplose insieme a me. Io con Lavezzi e Cavani? Uno dei tridenti migliori che il Napoli abbia mai avuto. Il Pocho e Cavani hanno fatto una carriera incredibile passando al PSG, una delle squadre più forti del mondo. Benitez? Un grande allenatore. Con lui sono arrivati Albiol, Reina, Higuain, giocatori di livello internazionale. Dopo è venuto Sarri, per tre anni con lui nella mente abbiamo giocato sempre a due tocchi, immagina a che velocità di pensiero dei muovere la palla e per tre anni lo abbiamo fatto. Come calciatore mi sono divertito tanto, tutta l’Europa ci seguiva. Era PlayStation, si giocava a memoria. Qualche volta si girava di schiena, gli bastava sentire la palla e capiva che stavamo giocando insieme. Se facevo un tocco in più si fumava 50 sigarette”.