Prima partita in Champions, prima vittoria, ma diciamoci la verità: i tre punti in terra portoghese non hanno sicuramente fugato i dubbi che, fin dall’inizio della stagione, i tifosi napoletani hanno nutrito sulla propria squadra del cuore.
Sarà un caso, ma dalla terra di Fernando Pessoa, vista l’ultima prestazione di Osimhen e compagni, si ritorna con tanta inquietudine, la stessa che l’autore descriveva nel suo libro capolavoro.
Ebbene sì, tifosi e addetti ai lavori e, sono sicuro, a questo punto, anche il Presidente, restano costretti all’attesa di rivedere in campo la propria squadra, per capire fino in fondo questo Napoli in chiave francese.
L’occasione è dietro l’angolo, mai come ora, giocare ogni tre giorni è salutare.
Garcia avrà subito l’occasione di continuare a rodare la sua creatura che fatica clamorosamente a diventare una squadra con un’idea di gioco chiara.
Contro Thiago Motta, allenatore del momento, in una piazza che da anni è ostile ed ostica, la nostra squadra dovrà necessariamente sfoderare una grande prestazione che porti i tre punti, e che soprattutto allontani questo perenne senso di insoddisfazione che da un po’ di tempo si vive in città.
Diciamocela tutta, abituati a un calcio esteticamente perfetto, tutti i tifosi in questo momento si sentono orfani del bel gioco che tanto aveva fatto innamorare Napoli e l’Europa intera.
Ad oggi, la squadra di Garcia è un vero e proprio cantiere aperto, dove gente come Lobotka e Kvara stentano a inserirsi. Segni di insofferenza da parte di calciatori da tempo abituati a giocare a palla a terra, con fraseggi brevi e continui, non stanno tardando ad arrivare.
Rudi d’Arabia è un allenatore navigato e sa bene che per vincere bisognava fare qualcosa di diverso rispetto all’anno scorso, ma evidentemente ad oggi quella che era stata annunciata come una piccola variazione sul tema, alla piazza, e forse anche ai calciatori, sta sembrando una vera e propria rivoluzione, e forse nei fatti lo è davvero.
Il Napoli, che l’anno scorso giocava di fioretto, oggi con queste perenni verticalizzazioni e ribaltamenti di campo, che molte volte scavalcano il centrocampo, sembra avere deciso di prediligere, come propria arma di combattimento, la sciabola.
Siamo giunti alla quinta di Campionato, tutti noi sappiamo che nel calcio non c’è mai molto tempo, in terra felsinea. Garcia è chiamato a fare risultato, ma soprattutto a fare in modo che il Napoli fornisca una prestazione convincente.
Per fare questo è necessario che il mister venga allo scoperto. È arrivato il tempo di osare!
Sarri, in condizioni simili al francese, decise di abbandonare il suo “dolce sogno” del trequartista e passò al 4-3-3. Oggi magari per l’allenatore napoletano è giunto il momento di provare a schierare un Napoli più suo, che magari parta con il 4-2-3-1, un modulo che appare evidente frullare nella testa del mister fin dal primo giorno della sua esperienza napoletana.
C’è bisogno di uscire dall’equivoco: questo Napoli ormai non è più quello di Spalletti ed è giusto, quanto meno, provare a farlo diventare quello di Garcia.
È necessario pulire la mente dei giocatori che, usciti dalla loro comfort zone del 4-3-3, si sentono orfani del proprio gioco. Far loro sperimentare qualcosa di diverso può rafforzare la loro convinzione che qualcosa di diverso è possibile, e può portare anche di nuovo a vincere.
Che lo si voglia o no, è arrivato il tempo delle scelte, che, per quanto dolorose, a questo punto sono necessarie per uscire fuori dall’equivoco. È importante farlo per il bene del Napoli e di tutti i tifosi azzurri.
Per un anno da protagonisti è fondamentale che il Napoli capisca cosa è, e chi è. Appare evidente ora, come ora, che è necessaria per gli azzurri una nuova fisionomia in mezzo al campo.
Fatto questo, il Napoli può aspirare senza dubbio, per ampiezza della rosa e bontà dell’organico, a un altro anno trionfale.
Tutto parte da Bologna, per portare via i tre punti, per una prestazione da Campioni d’Italia, per togliersi quell’inquietudine che attanaglia tutti noi.
Gennaro Di Franco