Sosta del campionato benedetta per molti, ma sicuramente maledetta da tutti i tifosi del Napoli.
Negli occhi, ma soprattutto nella mente, ancora passano le sconfortanti immagini della notte di follia contro la Fiorentina, e certo questa pausa non giova per il morale.
Orgogliosi del tricolore sul petto, oggi i supporters partenopei si vedono mortificati dalla propria squadra che ormai non è nemmeno il fantasma della passata stagione.
In un Maradona pieno come ai tempi migliori, i Campioni d’Italia in carica si fanno letteralmente dominare agonisticamente e tatticamente dalla squadra viola allenata da Vincenzo Italiano, allenatore che, visto il gioco della Fiorentina, a ben vedere, è stato oggetto dei desideri di Aurelio De Laurentis e di molti tifosi azzurri.
Allo stadio domenica sera sembrava di vivere un vero e proprio scherzo del destino. Il Napoli, che l’anno scorso aveva fatto parlare tutto il mondo per il suo gioco fatto di possesso palla e fraseggi-poesia, sembrava essersi letteralmente smemorizzato.
Bonaventura e compagni contemporaneamente sembravano aver imparato a memoria i dettami calcistici di spallettiana memoria.
In estrema sintesi, Pesaola avrebbe detto “e se vede che ci hanno rubato la idea”.
Perché proprio di idee si tratta, sia chiaro. Garcia non doveva necessariamente copiare il gioco del suo predecessore. Nel calcio non esistono ricette vincenti, o moduli più vantaggiosi rispetto ad altri. Rudi poteva, e anzi doveva, fare qualcosa di diverso, ma la sensazione è che a questa squadra, minata nel suo credo tattico, fatta uscire dalla propria comfort zone, mancano idee alternative di gioco.
Napoli troppo brutto per essere vero, incapace di fare tre passaggi di fila, con Victor Osimhen e compagni impegnati ad autocrearsi da soli azioni gol degne di questo nome.
Scellerati cambi di modulo e di uomini no-sense risultano nei fatti essere vere e proprie dichiarazioni, nemmeno tanto subliminali, di resa.
Nel calcio dei tre punti, la ricerca della sostituzione tesa a mantenere il pareggio mina nella testa e nelle gambe qualsiasi squadra, figuriamoci un Napoli che dimostra, nei fatti, di digerire poco i nuovi dettami tattici richiesti da Garcia.
Risultato finale, a fine partita, bordata di fischi per il gioco espresso e applausi rivolti ai giocatori azzurri che mestamente sono andati sotto la curva. E così, ancora una volta, semmai ce ne fosse bisogno, il pubblico napoletano si dimostra essere tra i più competenti d’Italia.
Troppo competenti e scafati per non capire che Garcia, con i suoi cambi, è in totale confusione, e che i calciatori, con i loro gesti di istintiva rabbia, dimostrano di mal sopportare l’allenatore transalpino che, con il suo impeccabile abito blu e camicia bianca a bordo campo, non fa nulla per risultare simpatico alla sua squadra e al suo nuovo pubblico.
La verità è che tanto mancano ai napoletani, e forse ai giocatori, gli scarpini di calcio vintage che Spalletti amava indossare nelle partite verità, quelle che contavano per la svolta della stagione.
Purtroppo, o per fortuna, è ormai lampante che è giunto il tempo di cambiare. Tra mister e squadra la spaccatura appare netta e difficilmente sanabile.
Cambiare la guida tecnica èauspicabile e soprattutto necessario, d’altronde lo stesso Presidente ha chiaramente dichiarato di vivere un “momento no” con Garcia, lo stesso momento che vive la piazza.
Il malumore in città è tanto, i tifosi temono che il “momento no” diventi il “campionato no” perché, diciamoci la verità, i tifosi partenopei vedono la squadra sostanzialmente identica a quella dell’anno scorso, e non si riescono a spiegare questa continua involuzione di gioco che sostanzialmente vede Garcia come primo artefice.
La sensazione è che ognuno aspetti che questo brutto sogno, un vero e proprio incubo, finisca e che, come per magia, il Napoli riprenda a fare il Napoli, cosa che, ad onor del vero, oltre che auspicabile, è da pretendere, perché gli azzurri sono squadra forte e di alta categoria, non solo negli undici iniziali ma anche in panchina.
Antonio Conte, che seriamente è stato corteggiato, pare anche lui alle prese con una necessità di relax e “voglia di famiglia”, la stessa che a fine stagione anelava Luciano Spalletti.
Tudor, Lopetegui, Gallardo sono ottime e valide alternative, Mazzarri appare il traghettatore low-cost, ma più che una soluzione ad oggi resta una suggestione.
Spetta al presidente uscire fuori da questa situazione, che certamente non è facile. Con tanta acribia bisogna, ora più che mai, trovare il nome giusto. Per questo suo Napoli, cambiare servirebbe anche a togliere alibi alla squadra. A questo punto, continuare con Garcia sarebbe molto rischioso, e certamente la riconferma darebbe l’idea di un matrimonio ormai finito, che resta in piedi soltanto per motivi economici, e non certo per amore dei figli.”
Gennaro Di Franco