DODICESIMO UOMO – Calcio e Pallone

da | 27 Gen 2024 | I nostri Ospiti, Redazione

E siamo tornati a casa.

Sull’aereo di ritorno da Riyadh, con Di Lorenzo e compagni, non sedeva in prima fila bella comoda la Supercoppa. Purtroppo, ancora complice un arbitraggio mediocre, come già successo a Pechino, il Napoli è tornato a casa a mani vuote.

Mani vuote, sì, ma con un elemento in organico in più. E questa volta non parliamo di nuovi calciatori arrivati nella “campagna di riparazione” di gennaio, che vista la somma messa sul mercato e i tanti nuovi volti arrivati, dovrebbe più propriamente essere definita “campagna di rivoluzione”. A far compagnia agli azzurri di ritorno dall’Arabia Saudita c’è qualcosa di nuovo, una qualità che nel viaggio di andata mancava, l’identità che i latini chiamavano identitas-atis.

Questa squadra, complice i risultati scadenti degli ultimi mesi, era partita da Napoli priva del proprio IO, con addosso cucito l’abito di Cenerentola della Supercoppa 2024. Se ne torna invece dal torneo senza coppa, ma con tanta consapevolezza in più.

La cura Mazzarri e, permettetemi di dire, del preparatore atletico Pondrelli, inizia a dare i suoi sperati frutti. Lo schiavo del 4-3-3 Walter ha spezzato le catene ed è tornato al suo vecchio amore, il 3-5-2, o se volete, 3-4-2-1, che sa tanto di calcio retrò ma che, a questo punto della stagione e alla luce dei fatti, è cosa buona e giusta.

Questa nuova dimensione proietta gli azzurri in un calcio proletario di altri tempi, un calcio se volete anche più romantico, fatto di pane e pallone più che di ostriche e champagne, giusto per ricordare contaminazioni francesi che da queste parti hanno fatto più danni della lava dei vulcani in piena estate.

Perdenti sì, ma con una consapevolezza in più. Il tre a zero rifilato alla Fiorentina di Vincenzo Italiano, allenatore tanto amato da De Laurentis, ha dato la stura a una latente convinzione che era arrivato il tempo di voltare pagina. La grande prova di resistenza mostrata contro l’Inter, schiacciasassi di questo campionato, ha messo il sigillo finale.

La New-Era, slogan tanto caro quest’anno alla società, a questo punto della stagione ha il sapore delle cose antiche, fatto di vittorie all’ultimo minuto e di cronometri che segnano l’inesorabile passare del tempo, e di tanto di giacche di ordinanza che saltano nei minuti finali.

Se il Napoli si cala a perfezione nella parte, allora potete giurarci che gli azzurri nel prossimo futuro avranno ancora una volta un ruolo da protagonisti in campionato.

Carte alla mano, i partenopei distano solo tre punti dal quarto posto in classifica. E se è vero che le prime due posizioni sono lontane e sembrano un affare unico di Juve e Inter, è altrettanto vero che a lottare per il quarto posto, nonostante tutto e tutti, ci siamo anche noi!

Fiorentina, Atalanta, Lazio e, se volete, lo stesso Bologna e magari anche la Roma, sono le dirette antagoniste degli azzurri. 

Partendo da questa fredda analisi numerica, indiscutibilmente la partita di domenica all’Olimpico contro il nemico/amico Sarri è di fondamentale importanza.

Il Napoli ci arriva dilaniato da infortuni, squalifiche e assenze eccellenti dovute alla Coppa d’Africa, ma, ora come ora, in un modo o in un altro, o se preferite ‘e rippe o ‘e rapp, per usare la lingua madre, gli azzurri devono portare a casa punti, che, contro una diretta antagonista, manco a dirlo, valgono decisamente doppio.

È arrivato il momento di non guardarsi più indietro. Bisogna smetterla di pensare a quello che poteva essere e non è. Il Napoli, forte degli arrivi di Mazzocchi, Traorè, e Cyril Ngonge (20 milioni più bonus, ad oggi, l’operazione più cara di questa sessione di calciomercato), e con il last minute Dendoncker, deve guardare avanti. E con lui, tutti noi tifosi. Bisogna riassaporare il gusto di un calcio antico, fatto di estrema difesa e contropiede, di partite dove più che il tatticismo conta la forma fisica e la fame di risultati.

Aspettando il verdetto del campo, si va a Roma con la convinzione che la pausa vacanza è finita e che ora si deve lottare su ogni pallone, mangiare l’erba per onorare la maglia. Quella maglia che oggi ricorda ancora a tutti che i Campioni d’Italia siamo noi.

Gennaro Di Franco