DODICESIMO UOMO – C’è Qualità!

da | 14 Ott 2024 | Redazione

A causa delle Nazionali, gioco-forza, eccoci fermi per la seconda sosta del campionato, ma non tutti i mali vengono per nuocere: la pausa è propizia e ci dà l’occasione per una disamina più approfondita delle cose in casa Napoli.

Pensando a queste prime sette giornate di campionato e riavvolgendo il nastro dei ricordi, partendo da quel tragico Verona-Napoli 3-0, tanta acqua è passata sotto i ponti e di getto non c’è altra esclamazione più adatta di un bel: “E chi se l’aspettava!”.

Gli azzurri, partiti con le scorie della passata stagione – che definire dai toni chiaroscuri sarebbe fare un complimento a Di Lorenzo e compagni – avevano una febbre da cavallo, o se preferite da ciuccio, ma hanno reagito più che bene alla cura imposta da Antonio Conte.

“Amma faticà”, il detto di quest’estate, evidentemente non è stato solo uno slogan, ma un vero e proprio diktat che il tecnico salentino ha imposto non solo alla squadra, ma anche alla società. Consapevole degli errori grossolani compiuti l’anno precedente, la società si è cosparsa il capo di cenere e ha deciso di voltare completamente pagina, affidando in toto la gestione tecnica a Conte che, con il suo fedele compagno di avventura, Lele Oriali, ha rivoltato come un calzino non solo la rosa, ma anche la testa, e soprattutto le gambe della squadra.

Corre questo Napoli, e come se corre! (Cfr. forma fisica dell’anno precedente di Anguissa, Di Lorenzo e Rrahmani). Corre che è un amore, e lo fa sempre con il coltello tra i denti, bramoso di gridare ai propri tifosi, e a tutto il mondo calcistico, che lo scudetto da queste parti, dopo più di trentatré anni, non è passato per caso.

Il primo a essere consapevole che non era solo fortuna quella che ha accompagnato gli azzurri di Spalletti al tricolore è stato proprio Antonio Conte. Rimasto fermo ai box volontariamente, ha avuto da lontano una visione privilegiata e distaccata.

Sapientemente, l’anno scorso ha preferito non cedere alle lusinghe di metà stagione di Aurelio De Laurentiis e ha potuto osservare da lontano gli azzurri con tutti i loro pregi e difetti. Ha analizzato al microscopio il Napoli, studiandone il DNA, così da partire quest’anno con consapevolezza e lucidità. Certamente lui, a differenza della gestione francese di Garcia, qualche partita degli azzurri l’ha vista.

Il buongiorno si vede dal mattino e, così, pronti via, Conte rimpiazza Kim – che per un anno intero è stato il fantasma più acclamato al Diego Armando Maradona – con Alessandro Buongiorno, ex giocatore del Torino, non a caso capitano, che incarna a meraviglia lo spirito Toro della leggendaria squadra granata.

Ma un Buongiorno non fa primavera, e con tenacia e tanta pragmaticità, la ditta Manna-Conte mette su, proprio sul gong finale del calciomercato estivo, una squadra invidiabile, che il campo ha dimostrato essere solida e anche con tanta qualità.

C’è qualità in questo Napoli, caratteristica che evidentemente era già nell’epidermide di questa squadra e che ora spruzza fuori da tutti i pori, al punto tale che il tecnico azzurro, preso Scott McTominay, abbandona il suo dogma calcistico del 3-5-2 e passa a Torino, in casa della Juve, al 4-5-1-1, che in realtà maschera il 4-3-3 che da queste parti significa storia!

Primo in classifica a sette giornate dall’inizio, non certo per caso. La squadra, forte di quella base di calciatori tanto osannata da Conte, ha innestato nel proprio organico chili e centimetri, oltre a una buona dose di cattiveria.

Lukaku, il giocatore tanto voluto da Conte, desiderato e osannato tutta l’estate, è tanta, ma tanta roba. Romelu, dall’alto dei suoi 191 cm per 94 kg, porta con sé oltre 300 gol e tanti assist per i compagni. Come un sole in mezzo al campo, la sua presenza illumina i pianeti intorno a lui: Kvara, Neres, Politano. 

Professionista esemplare, qualcuno lo giudica fuori forma, ma in realtà è tanta sostanza, e la doppia mancata chiamata in Nazionale belga fa capire da sola quanto il gigante buono del “Miglio Verde”, alias John Coffey, tenga alla nuova causa azzurra: 5 partite, 3 gol, 4 assist.

Capitolo McTominay: sarà un caso, ma lo scozzese porta sulle spalle il numero otto, che, messo in orizzontale, vuol dire infinito. Infinitamente ci stiamo innamorando di un ragazzo che, oltre a tanta professionalità, incarna il prototipo di calciatore che ogni tifoso azzurro sogna per la propria squadra del cuore. Forte nel tiro da lontano, capace di inserirsi nelle difese avversarie con tanta sapienza tecnico-tattica, riesce a scardinare le difese avversarie. In estrema sintesi, sta letteralmente folgorando il Diego Armando Maradona, che è stato grato a questo scozzese sin dal suo arrivo a Napoli. 

I tifosi sono tifosi, ma sicuramente non stupidi, e certo hanno da subito stimato chi con consapevolezza ha lasciato la Premier League, i leggendari diavoli Rossi di Manchester, per indossare la maglia del Pibe de Oro. 

Il bacio al primo gol al nostro stemma ha fatto il resto, ed è stato solo la naturale conseguenza di questo amore nato a prima vista.

E poi c’è lui, il leader silenzioso, l’erede del Capitano con la cresta, quello che ha sedotto e abbandonato tutti gli allenatori avversari, che, pure nell’anno horribilis dei tre allenatori in una stagione, ha mantenuto alto il suo livello di gioco: il Top Player, ca va sans dire, Stanislav Lobotka. Il centrocampista che fa invidia a tutti. Lobo, l’uomo che ha fatto dichiarare al neo-allenatore del Como, Cesc Fabregas, “nella mia squadra vorrei undici Lobotka”. Per la verità, Lobotka è stato pensiero fisso anche dell’ex Mister del Barcellona, Xavi, e chiodo fisso dell’attuale allenatore dei blaugrana, Hansi Flick. Entrambi, più di una volta, hanno segnalato alla dirigenza catalana lo slovacco, che miracolosamente è rimasto solo un oggetto dei desideri del Barcellona, solo e soltanto per motivi legati a bilanci non proprio all’altezza della situazione.

Panchina lunga, che diventa lunghissima, se si pensa al mancato impegno europeo. Gente come Neres, Gilmour, Simeone, Ngonge e compagnia bella sono materia prima umana che farebbe brillare gli occhi a tanti allenatori, ma che sapientemente, e direi strategicamente, Adl e Conte sono riusciti a tenere ancorati nel golfo di Napoli, uno dei golfi più belli del mondo.

Si dirà che il calendario del Napoli è stato più semplice rispetto agli altri. A parere di chi scrive, è solo una questione di lana caprina. Questa squadra ha ancora un potenziale inespresso enorme. Monca di una punta titolare, e devastata nel suo IO interiore, partita dopo partita, è stata capace di costruirsi in campo, minuto dopo minuto, grazie alla sapiente mano del luminare chirurgo Antonio Conte, giunto al capezzale di una squadra da molti data per spacciata.

Ad ogni modo, giova ricordare che andare a Torino in casa dei bianconeri, rivali di sempre, e prima ancora a Cagliari, e battere il Bologna qualificato in Champions League, non è affatto scontato né tantomeno semplice.

Siamo solo all’inizio, il bello deve ancora venire. Il risultato finale non è affatto garantito, ma una cosa è certa: Conte è un tecnico ultra-navigato e sarà capace sicuramente di far mantenere alta la concentrazione alla sua squadra. 

Se poi ad un certo punto del percorso, il tecnico, oltre che a pensare alla sostanza del risultato, saprà far risaltare la grande qualità di palleggio di questa squadra, allora, signori cari, mettetevi comodi, perché ne vedremo delle belle.

Sciogliere le briglie della fantasia a Neres e compagni vorrebbe dire tornare alla Grande Bellezza, sublimando la grande concretezza del risultato finale, che alle squadre di Conte, almanacco alla mano, non è mai mancato.

Gennaro Di Franco